L’Unione Europea fissa il suo primo traguardo di riduzione dei gas a effetto serra (-55% rispetto allo scenario del 1990) al 2030, data entro la quale l’approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrà portare i suoi risultati nel migliorare l’efficienza del patrimonio immobiliare italiano, pubblico e privato.
Restano quindi meno di dieci anni per vincere una sfida che sembra quasi impossibile: invertire la tendenza del nostro paese alla scarsa manutenzione dei suoi immobili, che oggi sono vecchi, energivori e, in qualche caso, anche poco sicuri. La differenza, però, potrebbero farla le risorse a disposizione: solo il PNRR, infatti, dedica oltre 15 miliardi alla riqualificazione degli edifici.
Gli immobili in Italia, stando alle ultime statistiche catastali dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, sono 76,5 milioni: 35,9 milioni sono gli immobili residenziali (un numero che comprende anche i singoli appartamenti) e oltre 29 milioni quelli collegati in qualche modo ad attività produttive e commercio.
Gli ultimi dati del Ministero dell’Economia parlano, invece, di 1,1 milioni di edifici pubblici, tra uffici, ospedali, scuole, caserme, palazzi storici e carceri.
Le principali caratteristiche del patrimonio immobiliare italiano sono due: è vecchio ed energivoro. Oltre il 70% degli immobili residenziali è stato costruito prima del 1980 e, quindi, prima dell’attuazione nel nostro paese delle norme antisismiche e di quelle energetiche. Le abitazioni residenziali costruite dopo il 2000, con criteri di maggiore efficienza e sicurezza, sono poco meno dell’8%: segno di in rinnovamento delle costruzioni molto scarso.
Un dato confermato anche dagli attestati di prestazione energetica: quasi l’80% degli immobili certificati oggi ricade nelle classi più energivore (E, F, G). Per questo motivo, le stime dicono che gli edifici rappresentano oggi più di un terzo dei consumi energetici del nostro paese.
In questo contesto, sono diverse le linee di intervento indicate da Bruxelles e attuate dal nostro Governo. Sul fronte degli edifici pubblici, si punta al rinnovo del 3% annuo del patrimonio immobiliare di ciascun paese, stando agli obiettivi indicati dal Green Deal della Commissione UE. Sul fronte degli edifici privati, invece, l’obiettivo è rendere più efficienti gli immobili con peggiori prestazioni energetiche (in classe F e G), portandoli in classe E tra il 2030 e il 2033. Ancora, tutti i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2030 (2027 per quelli pubblici). Insomma, l’idea è avere un patrimonio immobiliare pesantemente rinnovato nei prossimi dieci anni.
Al fine di realizzare questo obiettivo, sono moltissime le risorse investite dal PNRR, con l’idea di raddoppiare il tasso di efficientamento degli edifici (cioè, il numero di edifici oggetto di ristrutturazione ogni anno) entro il 2025. Secondo le stime dell’ANCE, 108 miliardi del PNRR avranno sicuramente un impatto sul settore delle costruzioni.
Più nel dettaglio, solo per la riqualificazione e l’efficientamento energetico degli edifici ci sono a disposizione 15,3 miliardi. Risorse che, secondo le indicazioni dell’ENEA, consentono di ristrutturare circa 50mila edifici ogni anno.
Tutti questi fondi saranno destinati sia al fronte pubblico, mettendo in testa alle priorità i lavori su scuole e cittadelle giudiziarie, sia a quello privato, dove è appena stato confermato il 110%. Il Superbonus, in base all’ultima Legge di Bilancio, arriverà infatti fino a tutto il 2025, ma solo per gli edifici condominiali (le case unifamiliari saranno agevolate fino alla fine del 2022), considerati quelli nei quali è più difficile attivare i lavori di riqualificazione.
Ma, a partire dal 2024, lo sconto avrà delle percentuali molto più ridotte: prima il 70%, per poi scendere al 65% nel 2025. Percentuali che, alla prova dei fatti, potrebbero non essere sufficienti a invogliare gli investimenti dei privati.
Fonte: Sole 24 Ore