È stato presentato il 2° Rapporto «Lo stato di rischio del territorio italiano 2023», elaborato da ANCE e Cresme che, a distanza di 10 anni aggiorna lo stato dell’arte delle fragilità e dei costi, presso la sede ANCE, dove sono intervenuti la Presidente, Federica Brancaccio, il Vice Presidente, Piero Petrucco, e il Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci.
Lo studio si concentra sulle note dolenti del dissesto idrogeologico e sulla dispersione idrica, da cui emerge una pessima gestione dell’acqua, in progressivo peggioramento e senza interventi di ripristino.
Il Dossier ricostruisce:
- i costi del mancato controllo del territorio italiano che, dal 1944 a oggi, vale 358 miliardi di euro, con una media in 80 anni di 4,5 miliardi, che negli ultimi 13 anni si gonfiano a 6 miliardi l’anno. Il solo dissesto costa 112 miliardi di cui 66 in 65 anni (1944-2009) e ben 46 miliardi negli ultimi 13 anni (2010-2023), passando da 1 miliardo a ben 3,3 miliardi l’anno;
- la quota a carico dei terremoti con un totale di 246 miliardi di euro di cui 208 miliardi (3,1 annui) tra il 1944 e il 2009 e 38 miliardi (2,7 annui) tra il 2010 e il 2023;
- sul fronte delle alluvioni, tragicamente tornate a colpire il nostro territorio negli ultimi mesi, i dati sono altrettanto impietosi: sono 2,4 milioni le persone a rischio elevato, 1 milione di famiglie, 632.000 edifici e 226.000 imprese ma si arriva facilmente a quasi 7 milioni di persone esposte se si considera il rischio medio arrivando a quota 12,3 milioni per il rischio moderato e basso. Il Rapporto ANCE-Cresme fa la conta degli eventi alluvionali con 120 episodi, 170 vittime e 70 feriti negli ultimi 12 anni. La più importante per impatto tra quelle recenti si è abbattuta sull’Emilia-Romagna con una prima stima di costi di 8,8 miliardi, di cui quasi la metà riguarda fiumi, strade e infrastrutture pubbliche per oltre 4,3 miliardi di euro di danni.
- Per quanto riguarda la dispersione dell’acqua, si rileva un aumento costante senza interventi di ripristino e di manutenzione, nella serie storica dello spreco si passa dal 32,6% del 1999 al 42,2% del 2020. Le quote maggiori di sprechi sono a carico del SII (Servizio Idrico Integrato) con il 54,3% delle perdite; segue l’agricoltura con il 33% e l’industria con il 7,5%.
- Il consumo di suolo indica, invece, un’inversione di tendenza già a partire dal 2001-2010. Analizzando la crescita media annua di suolo consumato sulla base dei dati ISPRA, il documento rileva come il consumo sia via via diminuito negli anni, passando da 240 kmq consumati ogni anno nel periodo 1960 – 1990 a una media di 60 kmq tra 2016 e 2022. Questo risultato è frutto delle buone politiche ma anche del crollo della domanda di nuovi spazi e grazie anche alle politiche che improntano la progettazione dello sviluppo urbano: riqualificare, riammodernare l’esistente piuttosto che creare nuovi agglomerati.
La registrazione dell’evento è disponibile al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=iL4Jzb-D4o4.
In allegato i materiali illustrati durante la presentazione dei dati ANCE/Cresme.
FONTE: ANCE